Monday, May 26, 2008

Catania, my (for ever) Town

sorry... this is in Italian only - but it's worthy!
http://viaggi.repubblica.it/dettaglio/Quanto-tenera-e-la-notte/201982/1


Quanto tenera è la notte
di Irene Alison
Nella città etnea alla scoperta dei luoghi più amati dal "popolo notturno". Non è solo un viaggio tra locali e ritrovi dei giovani, è un'esperienza per vivere pienamente l'affascinante centro cittadino. I Viaggi

Qualcuno dice che è l'aria, così carica di zolfo. Altri che è il vento d'Africa, che sale dall'altra riva del mare. La terra, scaldata dal fuoco dell'Etna, oppure l'acqua, che sotto la città scorre in un fiume sepolto dalla lava. Magari, invece, è solo la primavera, ma Catania si sveglia a mezzanotte. E a dormire non vuole andarci mai. Trecentomila abitanti, un vulcano attivo piantato sulla linea dell'orizzonte come un'enorme minacciosa nave, un incanto di cupole barocche e tutte le contraddizioni di una Sicilia bella e violenta: Catania ti strega di giorno con odore di mare e arancini, grida al mercato del pesce e sussurri dei cortili ombrosi. E poi ti avvolge, al buio, in una notte lunghissima. La città di Verga e di Bellini, filmata da Bolognini e Germi, cantata da Battiato e sbattuta in prima pagina dalle cronache, ha un'anima nottambula e inquieta, si accende al tramonto di luci impreviste, di suoni, incontri, colori inattesi.
Cala il sole su piazza del Duomo, e chiudono i cancelli della cattedrale che accoglie - ogni anno all'inizio di febbraio - migliaia di persone arrivate in città per la festa della patrona Sant'Agata, il cui velo, secondo la leggenda, saprebbe placare la furia dell'Etna. Cala il sole sulla via Etnea, che dal vulcano solca la città fin quasi al mare. Si spengono le insegne dei negozi, il passeggio dello shopping, il quotidiano viavai degli uffici. Si accendono i lampioni. Le viuzze del centro storico (Patrimonio dell'Umanità Unesco dal 2002), che da piazza Università si intrecciano fino a piazza Bellini, cominciano a risuonare delle prime voci, dei primi brindisi, dei primi dischi scelti per ammorbidire la serata.
Catania si prepara a un'altra notte. Ma con calma, non c'è fretta. Qui i ritmi sono morbidi, come il clima, come quell'accento che stira le sillabe in una cantilena. L'aperitivo si beve alle nove, a tavola ci si siede alle dieci, e poi via, il popolo degli insonni sciama nel fitto gomitolo tra la scalinata Alessi e vicolo Bonajuto, via del Teatro Massimo e via della Landolina: fuori e dentro i locali, fino all'ultimo cocktail, fino all'ultimo appuntamento della fitta agenda notturna. Tanto, l'alba non arriva mai. E i chioschi di piazza Umberto, dove a notte fonda ci si ritrova a bere un tamarindo, sono sempre aperti.
Milano del sud, la chiamavano negli anni '60 questa città nera di lava e bianca di calcare, che, oggi, passata non senza cicatrici per terremoti e eruzioni, anni oscuri di guerre di mafia e anni luminosi di rinascita, pare, ad attraversarla al buio, una Berlino alle porte dell'Africa. È il bisogno quasi fisico di ritrovarsi in strada, l'intraprendenza di quelli che, dagli anni '90 ad oggi, hanno continuato a investire nella rivalutazione del centro storico, il design di architetti e decoratori come Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Valeria Geremia, Salvo Puleo, Antonio Busà, Franco Adorna e Mario Cutuli ad aver cambiato strade e atmosfere della Catania antica, ad aver inventato spazi nuovi per vivere la notte.

Oggi, il venerdì sera comincia sprofondando nei divani bianchi della Cappella Bonajuto, cullati dalla musica lounge che riecheggia tra le mura bizantine dell'antica cripta che ospita il locale. Appena fuori, affollata nello stretto vicolo, sembra che tutta Catania si sia data appuntamento. Fitto chiacchiericcio e risate, tintinnio di ghiaccio nei bicchieri e accordi su come proseguire la serata. Basta un'occhiata a Lapis, quindicinale che da dodici anni aggiorna i catanesi sugli imprescindibili "dove e quando" di ogni nottata, per scoprire che, qualche viuzza più in là, al Mammuth si inaugura la mostra di un giovane pittore: le ragazze sbocconcellano tartine davanti alle tele, le coppie si lasciano avvolgere dalla luce delle lampade, gli ultimi arrivati, all'esterno, si salutano sotto il bagliore di una stufa al cherosene che fa la notte catanese più calda.
Se invece si sceglie Scenario Pubblico, ex deposito di frutta secca trasformato nella sede della compagnia di danza Zappalà e nel luogo dove i ballerini del Teatro Bellini si mescolano alla folla dell'aperitivo, si può assistere all'ultimo spettacolo in cartellone o assaggiare i piatti dello chef Alex Patti. Lui è uno di quelli che, dopo una vita di viaggi, ha scelto di tornare a casa: per il sole e il mare, per quell'indolenza sicula contaminata dal brivido della movida. Franco Adorna, invece, architetto e gestore di due dei locali più frequentati della città, Catania l'ha vista cambiare col tempo: "Vent'anni fa", ricorda, "il centro storico era un posto impraticabile e pericoloso. Per i giovani qui non c'era niente".
Ma poi venne la Primavera, e Catania non fu più la stessa. Era la stagione di Enzo Bianco, sindaco per due mandati nell'88 e nel '93, e del suo impegno per la riqualificazione del centro storico, per lo sviluppo del commercio, del turismo e dell'imprenditoria giovanile. Erano gli anni dei primi locali, quando Catania uscì dal buio e si accesero le luci del Nevski, de La Chiave e della Cartiera; la gente si ritrovava per strada e si sentiva a Barcellona e a Londra, a Berlino e a Madrid. La scena musicale si anima: capita, nei nuovi pub aperti grazie agli incentivi pubblici, di assistere a una jam session improvvisata dai musicisti appena scesi dal palco del Bellini.

Capita che etichette come la Ciclope Records di Francesco Virlinzi portino i Rem a suonare all'ombra dell'Etna o scoprano talenti come Carmen Consoli. Persino le vecchie Ciminiere, quelle che fin dall'Ottocento avevano raffinato lo zolfo estratto dai Ciaula e dai Rosso malpelo di Sicilia, si trasformano in un complesso che ospita mostre e spettacoli, che accoglie, nella rivisitazione del design industriale pensata da Nigel Allen, il locale Zo, ancora adesso tappa imprescindibile di ogni viaggio notturno.
Quella che sboccia ora, certo, non è più la "primavera" di Bianco: Catania vive una stagione differente. Nell'aria, si sentono umori diversi: amarezza e voglia di inizi nuovi, il profumo zuccherino delle pasticcerie dove a tutte le ore qualcuno si tuffa nel dolce oblio di una granita e quello aspro della frustrazione per tante risorse mai sfruttate fino in fondo. E per dei fantasmi di cui, dalla violenza allo stadio all'ombra della mafia, liberarsi pare quasi impossibile. "Non c'è più un progetto culturale forte", dice Antonio Presti, mecenate dell'arte contemporanea che in città ha fondato la Casa Stesicorea, museo che accoglie artisti di tutto il mondo nelle sue stanze di piazza Stesicoro. "La violenza, che esploda negli stadi o nelle periferie, è anche figlia di questa assenza. La nostra, però - continua Presti - è una città attenta e sensibile alle istanze dell'arte e della cultura, e l'iniziativa privata riesce a tenerla viva".
Catania, mille volte ridisegnata dalla lava dell'Etna, sette volte distrutta e sette volte ricostruita, è, lo si sente, ancora in movimento: per il suo profilo in procinto di cambiare con il nuovo waterfront progettato da Oriol Bohigas, che, nel disegno dell'architetto spagnolo, interrerà i binari ferroviari - confine di ferro tra la città e il mare - e spalancherà l'orizzonte allo sguardo dei catanesi. Per l'ampliamento della metropolitana, pensato per rendere più funzionale la rete dei trasporti pubblici. Per la riqualificazione del centralissimo quartiere di San Berillo, sui cui usci scrostati, fino a non molto tempo fa, le prostitute invitavano i clienti ad entrare, e per le cui strade, oggi, le ruspe macinano polvere in attesa di giorni migliori.

E, ancora, Catania si muove lungo le rotte della sua notte, che, alle 2 di un venerdì di primavera, non accenna a finire. La luna, anzi, a quest'ora è alta abbastanza per cambiare atmosfera: si sale in macchina e, dall'intimità lounge dei locali del centro, ci si ritrova sotto gli alti soffitti del settecentesco Palazzo Biscari, in cui risuona la musica dei Quattro Venti. Fusion mediterranea e revival italiana, vetro e acciaio, tequila e gin tonic, la gente si muove sotto le luci stroboscopiche come un corpo solo. Poco fuori città, per chi sceglie di spingersi appena più lontano, suona intanto un'altra musica: quella dei Mercati generali.
Qui, nel bellissimo locale ricavato dalla ristrutturazione di un palmento usato nell'Ottocento per la conservazione del vino, si mangia, nelle sere d'estate, sotto l'enorme gelso carico di frutti, si passeggia nell'aranceto lungo le rive del laghetto artificiale, si assiste a reading di poesia o a spettacoli teatrali. E ci si scioglie al battito di una delle proposte musicali più interessanti della città. Dj ospiti come Rainer Truby, Dj Speen o Rich Medina incontrano le sonorità dei gruppi locali, e la vena rock che fin dagli anni Ottanta ha animato Catania, si contamina di black music, di soul, di funkie. Sonorità che fanno vibrare le vecchie giare in cui si raccoglieva il vino, ancora perfettamente conservate sopra il bancone dove il barman trita zucchero e menta per i suoi mojito. Vibrazioni che raggiungono, lontano dai dischi che girano sulla consolle, pure gli amanti che fingono di perdersi nel boschetto di piante grasse, e che fanno ballare tutti fino al termine della notte. Poi l'alba si avvicina.
Ed è tempo di una pausa. In centro, al bar Etoile, si sfornano i primi cornetti caldissimi e profumati. Ma la Sicilia ha molti sapori, e qualcuno, all'odore di caffè che si spande nell'aria, preferisce il fumo delle bancarelle sotto gli archi della Marina, dove per pochi euro si addenta una delle specialità locali, gli hamburger di carne di cavallo. Se non fosse per la luce che cambia e per il trucco un po' sfatto delle ragazze, l'energia sembrerebbe ancora quella di una sera appena iniziata: di arrendersi al sonno, la città non vuole saperne. La notte, qui, si divora fino all'ultima briciola.

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